"La tecnologia non va da nessuna parte da sola. Deve essere accompagnata”. Il fattore umano pesa molto, insomma e “l’aspetto tecnico si esprime meglio se lo abbini all’uomo”. Un esempio? “Pensiamo al QRcode: il suo utilizzo è decollato durante il Covid per evitare i contatti al ristorante e nei luoghi pubblici. Si è diffuso rapidamente e rappresenta una modalità per adoperare la tecnologia in modo proficuo: e ora, infatti, fa parte dell’immaginario di tutti”.
Mastroianni, in che modo l’etica della comunicazione può guidare lo sviluppo delle smart city, evitando che la raccolta massiva di dati e l’intelligenza artificiale compromettano la libertà individuale e la giustizia sociale dei cittadini?
“La raccolta dei dati facilita l’efficacia della tecnologia. C’è ovviamente una questione di privacy su cui bisogna lavorare per prevenire gli abusi, ma l’aspetto cruciale è e rimane la consapevolezza dei cittadini rispetto alle informazioni che condividono. Dobbiamo pensare ai cittadini delle smart cities come piccoli personaggi pubblici che, assumendo una nuova postura, si destreggiano tra social e intelligenza artificiale e sono sottoposti a un costante e inevitabile rilascio di informazioni personali: c’è un nuovo confine tra la sfera pubblica e privata, un confine che è proprio nel digitale. E a questa consapevolezza, non raggiunta nell’era dei social, possiamo arrivare solo grazie all’educazione al digitale e all’IA. La tecnologia, da sempre, non aspetta che tutti siano pronti al cambiamento: l’innovazione arriva”.
Muoversi nel digitale fa parte della vita e, soprattutto per la popolazione più giovane, il tema non è solo “cellulare sì o no in classe”. Ma come usare bene la tecnologia, allora? “Senza delegare, ma con l’obiettivo di potenziare le nostre capacità – continua Mastroianni -. La guida è umana, occorre solo trovare l’equilibrio giusto nell’uso. L’IA va impiegata come fosse un’assistente, come revisore. Non dobbiamo dargli una delega in bianco, dobbiamo discutere con lei: questo sarà un esercizio che svilupperà ulteriormente il nostro pensiero critico”.
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