Scontro, consenso o ragione? La "quarta via" della disputa felice


 Esistono tre modi per affrontare una divergenza di vedute:

1. Andare allo scontro.
2. Cercare il consenso.
3. Affidarsi alla ragione, ai fatti, alla logica.

In realtà nessuna di queste modalità permette davvero di avere un reale confronto. Ne serve una quarta, più impegnativa e meno istintiva, che però può aiutare nel momento in cui si vuole ottenere qualcosa di più dalle proprie interazioni. È quella che chiamo la disputa felice.

Il litigio perde il contenuto e la relazione

Il primo modo, quello dello scontro, è forse il più comune che osserviamo attorno a noi. Si parte da una qualche questione che però si perde presto per strada perché iniziano attacchi e accuse, oppure si va in meta-discussione: ci si mette a discutere di come si discute. In questo caso si perde sia il contenuto (il tema che si doveva affrontare) sia la relazione (i due o più contendenti alzano una barriera nei confronti delle idee degli altri). È la comunicazione litigiosa e polarizzata che vediamo spesso nelle conversazioni online e offline.

Il consenso: cura la relazione, ma perde il contenuto

La seconda strada è quella del consenso: per mantenere una buona relazione con l’altro si è disposti a cedere sul contenuto. Qui si va dalle modalità diplomatiche in cui si evitano certi temi pur di trovare un accordo, ma si arriva anche a certe pratiche manipolatorie in cui una parte del contenuto viene intenzionalmente omessa pur di ottenere il consenso dell’interlocutore. Della serie: “questo non glielo dico se no non mi vota”.

La ragione che trascura la relazione

La terza strada, quella della ragione e della scienza, si affida ai fatti, alle prove, ai dati, puntando tutto sulla qualità e la fondatezza del contenuto, trascurando però la relazione. Spesso l’errore “tecnico” che fa una persona competente e preparata è pensare che “i fatti parlano da soli” o che “le ragioni si impongono da sé”. Così facendo tralascia tutta la parte emotiva umana che è fatta di resistenze, pregiudizi, credenze che non si è disposti a modificare, mancanza di strumenti culturali per comprendere e accettare certi ragionamenti.

La "comunicazione felice" non esiste

Le tre modalità precedenti, insomma, hanno il difetto di rinunciare ora al contenuto ora alla relazione, concentrandosi su un aspetto della comunicazione umana rispetto all’altro. La domanda allora è: esisterà un modo di interagire che tenga assieme il contenuto e la relazione? Una modalità in cui si possa sì andare fino in fondo in ciò che si sostiene mantenendo una collaborazione con l’altro pur nella divergenza? 

Ebbene questo ideale di comunicazione felice non esiste. Dobbiamo dircelo. Essere tutti allineati sul contenuto e contemporaneamente privi di elementi emotivi che fanno resistenza di fronte alle differenze è sostanzialmente un’illusione. Per questo dobbiamo abbandonare l’idea di una comunicazione felice, che mette tutti d’accordo, ed entrare nell’ottica della disputa felice: stare nelle differenze senza che queste compromettano le relazioni.

Cosa è la disputa felice

La disputa felice prende il meglio delle tre modalità osservate e lo mette a sistema. Dallo scontro trae la motivazione a non cedere e tenere il punto. Nella razionalità trova un elemento fondante per rivedere le argomentazioni e andare fino in fondo nel contenuto. Allo stesso tempo va oltre: si nutre della spinta della diplomazia per non trascurare gli elementi relazionali.

La questione è fondamentale perché le decisioni migliori nascono proprio dal disaccordo e dalle idee divergenti. In quegli scomodi momenti di diversità le idee e le argomentazioni si possono purificare da ciò che diamo per scontato. Quando si è uno di fronte all’altro, onestamente in disaccordo, ci si aiuta ad andare all’essenza di ciò che riteniamo dotato di senso. Senza il confronto, invece, quando si sta sempre tra condiscendenti o dediti a stigmatizzare nemici, si finisce per vivere di imitazione e di conformismo.

Il relativismo e la fiducia nelle capacità umane

Si dirà: ma questo è relativismo! Sì, il pericolo c’è. Ma è un rischio che va corso e va corretto con un po’ di fiducia nelle capacità umane. Un confronto proficuo si fonda proprio sul riconoscimento che ogni essere umano, anche quando sta sostenendo qualcosa di contraddittorio, ha qualcosa da dire. Quella parte va colta, ascoltata, capita e a partire da essa si deve e si può disputare.

La disputa felice, insomma, non è scontro, non è politicamente corretto, non è razionalità pura. È un atto libero e realistico di persone che hanno fiducia nella capacità di farsi capire ma anche di riconoscere l’altro, convinte che per scoprire qualcosa è inevitabile questo “incontro”. Per tutto il resto si può continuare a blastare, a fare cassa di risonanza o a polarizzarsi; modi di interagire che, come osserviamo ogni giorno, non ci portano lontano.