Social network: argomenti al centro, non persone


di Bruno Mastroianni, Senzafiltro, aprile 2019

Come gestire le discussioni sui social? Il trucco è uno: mettere gli argomenti al centro. Vediamo che cosa significa trasformare i litigi in dispute felici.

Si sente spesso parlare di umanizzazione delle interazioni online, dell’importanza dell’empatia e del dialogo, di non dimenticare che, quando ci si scambiano parole in forma digitale, dall’altra parte c’è sempre una persona in carne e ossa che legge. La prospettiva che viene solitamente proposta, dal marketing alla comunicazione istituzionale, è quella di “mettere al centro la persona”, che deve essere ascoltata, valorizzata e posta come fulcro di ogni scambio comunicativo.

La mia convinzione è che questa prospettiva, se non correttamente intesa, può creare più danni che altro nella comunicazione online. Mettere la persona al centro, infatti, comporta un rischio pericolosissimo: quello del paternalismo. Ricoperti da uno strato superficiale di empatia e da una spruzzata di spirito di dialogo, quando ci concentriamo sulla persona che sta dall’altra parte, molte volte, compiamo la più grave infrazione che si possa commettere in una discussione: non prendere sul serio i suoi argomenti.

Persone al centro? Meglio i loro argomenti

Gli argomenti, invece, sono la parte più importante in uno scambio: online ciascuno di noi è ciò che dice, scrive e sostiene; tutte le altre dimensioni sono invece assenti o non pertinenti. In quella particolare modalità di relazione che è la discussione scritta, noi siamo i nostri argomenti.

È un piccolo paradosso a cui occorre fare caso perché online le cose non funzionano come dal vivo, per almeno tre motivi. Il primo è l’assenza del corpo: mentre interagiamo con i nostri interlocutori non ci siamo con tutte le nostre sfaccettature personali, ma solo con quelle che esprimiamo tramite le parole che usiamo (o non usiamo), la forma che diamo loro, la punteggiatura ecc.

Il secondo è la dimensione pubblica: quando si discute online di solito lo si fa di fronte a un pubblico più o meno ampio, quindi lo scambio non ha mai una qualità completamente privata. Persino se si sta interagendo attraverso messaggi diretti ciò che si dice rimane scritto, registrato, ed è riproducibile tramite screenshot (le aziende lo sanno bene nella loro gestione dei messaggi dei clienti).

Il terzo motivo è il difetto di intimità tra gli interlocutori: mentre ci si incontra e ci si scontra online molte volte non si conosce davvero chi si ha davanti e, anche quando lo si conosce, spesso si tratta di quei “legami deboli” che non entrano nella sfera intima. Anche quando due amici intimi sono impegnati in una discussione pubblica di fronte ad altri, sono portati ad abbandonare alcuni elementi della loro relazione specifica per assumere un atteggiamento più “formale” e distaccato.

Questi tre elementi delle interazioni online – assenza di corpo, dimensione pubblica, difetto di intimità – portano a una questione fondamentale: “mettere al centro la persona” vuol dire “mettere al centro il suo argomento”, cioè prendere il più seriamente e più completamente possibile ciò che scrive, cercando di capirlo fino in fondo. Tutte le altre mosse sono in realtà minacce alla centralità dell’altro, perché ciascuno online è ciò che sostiene in quel momento e non vuole altro che essere preso per ciò che sta dicendo.

Litigi online, quando rispondere e quando tacere

Lo vediamo bene nella dinamica dei litigi. Di solito hanno inizio nel momento in cui uno degli interlocutori si scosta dall’argomento e va sul personale: “tu dici così perché sei…”, “con queste parole mostri la tua ignoranza…”; o generalizza: “il solito buonista con le sue frasi fatte”; oppure si indigna: “quello che hai detto è inaccettabile!”. Frasi simili non sono risposte argomentate, ma giudizi che spostano la discussione dall’argomento di cui si stava parlando a presunte caratteristiche o mancanze (intellettuali, morali, culturali) delle persone che stanno discutendo.

Il litigio scatta perché andare sul personale passando sopra le parole dell’altro – cioè non rispondendogli sull’argomentazione che ha proposto – è un atto aggressivo che provoca un effetto paradossale di spersonalizzazione: usando ciò che dice per produrre un giudizio su di lui, invece di attenersi all’argomentazione che quelle parole esprimono, si produce una specie di sua identità fittizia basata su illazioni e valutazioni personali. L’altro non si sente preso per ciò che è, perché in quella discussione la sua identità è nelle sue parole.

Funziona anche nell’altro verso: quando uno degli interlocutori pretende che si abbia un buon giudizio su di lui in base a sue caratteristiche o doti personali rispetto alle parole che ha scritto. È il caso di chi, quando non riesce a convincere con i suoi ragionamenti, si appella alla sua specchiata professionalità, al suo curriculum, al suo ruolo: “Fidati di me che faccio questo lavoro da vent’anni!”. Nella prospettiva del “mettere al centro l’argomento”, non funziona: in un dibattito online ognuno è ciò che dice, sostiene, argomenta e scrive, e non può pretendere di essere giudicato in base ad altro.

Se si mette al centro l’argomento, insomma, si riesce a mantenere l’ottica giusta che permette davvero la valorizzazione della persona, la quale si sente rappresentata appieno dal suo argomento. È chiaro che ciò richiede tempo ed energie per leggere le parole dell’altro, non per giudicarlo o per trovare sue lacune, ma per ascoltare davvero che cosa vuole dire e rispondergli. Allo stesso tempo la prospettiva della centralità dell’argomento permette di risparmiare proprio quel tempo e quelle energie, perché mette nelle condizioni di valutare quali siano le discussioni davvero valide a cui partecipare e quali quelle da tralasciare.

Uno degli effetti del continuo litigio e delle discussioni deragliate, infatti, è quello di perdere moltissimo tempo a controbattere discostandosi dall’argomento da cui si era partiti, per poi finire a farsi le pulci a vicenda. Un’attività inutile, oltre che dannosa; soprattutto online, dove praticamente ogni questione arriva “già litigata” nelle timeline nostre e altrui, rendendo il contrasto continuo una delle peggiori fonti di interferenza nel web.

Mettere al centro l’argomento significa saper valutare se vale la pena rispondere a un’affermazione dell’altro o se è meglio ignorarla. Lo stesso vale di fronte a provocazioni e affermazioni scomposte: secondo il criterio dell’argomento si può cercare di vedere se tra le parole aggressive e inadeguate c’è comunque qualcosa a cui replicare. Vale per le interazioni online di un servizio clienti come in una chat di WhatsApp tra genitori di scuola: saper tenere la barra a dritta sul tema e sull’argomento può aiutare a selezionare cosa dire, quando e come.

Facciamo un esempio concreto analizzando due differenti frasi di utenti rivolte sui social (quindi in pubblico) a un’ipotetica azienda che offre servizi di telefonia:

A: “Siete solo dei parassiti. Questi cellulari ci friggono il cervello!”

B: “Una truffa schifosa: appena ti sposti un po’ dal centro della città perdi il segnale!”

L’affermazione A, vista dall’ottica dell’argomento, ci dice che l’utente vuole solo esprimere la sua frustrazione e rabbia. Dentro non si trova un argomento specifico che riguardi l’azienda e il suo business, ma solo insulti (“parassiti”) e affermazioni di vago complottismo (“ci friggono il cervello!”). Non essendoci argomento centrato sugli scopi dell’azienda, non vale la pena affrontare la discussione né per l’utente né per altri che leggono.

L’affermazione B è diversa. Esordisce con parole insultanti, al limite della diffamazione (“truffa schifosa”), ma nel suo prosieguo solleva una questione centrale per l’azienda, quella della copertura, e lo fa argomentando: sostiene che non ci sia segnale fuori città. Nell’ottica dell’argomento al centro questo è un commento a cui si deve rispondere, sia perché tocca un tema fondamentale, sia perché una risposta non sarà utile solo all’utente in questione, ma potrà parlare a molti altri lettori a cui questo contenuto sarà arrivato “già litigato”. Le domande implicite su cui si dovrebbe contro-argomentare sono: davvero il segnale della compagnia è presente solo in città? Accade in tutte le città? Quale è la mappa della copertura reale?

La disputa felice: non tutte le discussioni vengono per nuocere

L’esempio ci aiuta a mettere a fuoco alcuni passaggi per costruire una disputa felice invece di perdersi in continui litigi che vanno fuori tema:
Riconoscere parole offensive, provocatorie, scomposte per ignorarle e vedere se nelle frasi dell’altro è presente un argomento.
Individuare la domanda, il dubbio, l’istanza presente nell’argomentazione dell’altro e provare a porla a se stessi come se la sta ponendo lui.
Valutare se si è chiamati a rispondere a tale questione e se il tema affrontato sia utile per la propria vita, il proprio business, le proprie relazioni. Altrimenti è meglio lasciare il compito ad altri.
Una volta deciso di intervenire, occorre di nuovo mettere al centro l’argomento: si possiedono le competenze, l’esperienza, le fonti, i dati e i ragionamenti sufficienti per rispondere?

La messa al centro dell’argomento richiede un impegno a tornare e ritornare sempre al merito della questione ogniqualvolta la discussione tenda a sfociare sul personale: da questo punto di vista “l’argomento al centro” va visto anche come strategia d’azione di recupero e ripristino in caso di scambi deragliati. E questo va fatto fino a che ci sia almeno qualcuno dall’altro lato disposto a tornare sul tema. Non per forza l’interlocutore diretto con cui si sta interagendo, ma pensando alla moltitudine silenziosa di quelli che leggono e che si faranno un’idea della questione anche in base a quanto chi discute è in grado di rimanere nei binari dell’argomentare, invece che perdersi sul personale.

Insomma, mettere l’argomento al centro degli scambi online significa fare un bene concreto alle persone molto più di quanto non lo si faccia mettendole genericamente al centro.