Dimmi come stai online e ti dirò chi sei - fenomenologia dei tipi social

di Bruno Mastroianni


Ogni volta che interveniamo sui social presentiamo una certa immagine di noi stessi. Vale per i commenti ai post altrui, vale per i tweet, vale per ciascuna foto su Instagram: la somma di questi atti costruisce (nel bene o nel male) la nostra reputazione.

Questa dimensione, che per un professionista della comunicazione è pane quotidiano, può a molti sfuggire perché si è convinti di poter stare sui social in modo casuale, come se non importasse più di tanto... Invece è cruciale: online dimostriamo chi siamo, molto più di quanto non lo facciamo in presenza.

Non occorre diventare dei paranoici calcolatori di ogni possibile conseguenza di ciò che postiamo, basta un po' di autoironia: di tanto in tanto dovremmo valutare con distacco ciò che stiamo facendo, per vedere l'effetto che fa.

Ecco alcuni comportamenti tipici sui social in cui spesso rientriamo. Considerarli ci può aiutare a migliorare sempre più nel nostro modo di interagire con gli altri. Se non altro potremmo ridere di più di noi stessi.

Fenomenologia dei tipi social

- L'uomo a due dimensioni: l'uomo a due dimensioni posta e commenta in base al suo mondo binario: sono d'accordo / non sono d'accordo. È facile ritrovarlo a inseguire i post di giornalisti e opinionisti mentre esprime nei commenti approvazione o si dissocia (soprattutto laddove nessuno glielo ha chiesto). Talvolta lo puoi osservare intento a condividere contenuti raccapriccianti solo per annunciare al mondo la sua disapprovazione. Lo troverai sempre a dirti se è d'accordo o no con ciò che hai scritto, anche quando scrivi poesie. In rari casi – ma non è impossibile visto che si fa prendere facilmente la mano – potresti trovarlo a dissociarsi dal fatto che è il tuo compleanno.

- Il referendario: è una versione più interattiva dell'uomo a due dimensioni. Qui il mondo binario diventa domanda: sei d'accordo / non sei d’accordo? Quando il referendario entra nella sua fase iperattiva è difficile seminarlo: sei d'accordo con quello che ha detto Renzi / il Papa / Totti / Trump / ecc.? Quando inizia così è impossibile non dargli risposta. Non importa che tu stia cercando di dire cose diverse: il referendario, inflessibile, vuole sapere che posizione assumi. Ovviamente qualsiasi risposta darai sarà tendenzialmente sbagliata.

- L'olistico (anche detto lo hegeliano): per l'olistico valgono solo discorsi completi. Non importa che siamo sui social. Non importa che Twitter permetta solo 140 caratteri. L'olistico vuole che ogni argomento sia completo ed esaustivo. Lo puoi trovare in due versioni. Quella attiva in cui esprime ciò che pensa iniziando dalla prospettiva storica per finire nell'attualità citando gli ultimi studi sul tema (anche quando si parla di gattini). Ben più interessante la sua versione passiva: ogni volta che pubblichi qualcosa sarà capace di farti notare la parte che manca, i dati che non hai considerato, gli aspetti che non hai eviscerato. I giochi di parole, le metafore, le immagini icastiche sono suoi nemici giurati: li combatte stigmatizzandone la loro pericolosa deriva selettiva e inesaustiva.

L'epperoista: versione meno pretenziosa dell'olistico, si limita a far notare un aspetto che non era stato considerato nel post su cui avevi messo tanto impegno. Lui non vuole completezza, semplicemente trova necessario citare ciò che non è stato volutamente considerato. Se si parla di naufragio di migranti, ti ricorda i rapporti tra Putin e Usa; se si discute di elezioni sente il bisogno di non dimenticare il mercato cinese. Versione social del "benaltrista", non gli importa di dare la sensazione di andare a casaccio, per lui è una questione di allargare la visuale, in una qualsiasi direzione.

- L'autocitantesi: non importa ciò che scrivi, non importa ciò che leggi, non importa cosa sia scritto in quell'articolo che hai condiviso: qualsiasi contenuto è già stato affrontato da lui in precedenza nei suoi post o nel suo blog. Puoi anche pensare di aver detto una cosa sensata ma lui riuscirà a mostrarti che l'aveva già detta. C'è anche l'autocitantesi di lungo corso che andava dicendo certe cose "fin dagli anni '90". Non c'è cosa che tu possa dire che lui non abbia già detto, scritto, fatto da qualche altra parte: lui sarà sempre lì a ricordartelo (con link a suoi spazi ovviamente).

- Il monolibromaniaco: ha scritto un libro e vuole essere sicuro che il mondo lo sappia. Tre post al giorno con la copertina non possono bastare per questa missione. Occorre riportarlo anche nei commenti a post altrui, trovando collegamenti tematici anche improbabili: come quella volta che l'autore di "Vestiti di bianco" continuava a citare @pontifex su Twitter in attesa fiduciosa di un retweet. C'è solo una cosa che può fermare il monolibromaniaco nel postare la copertina del suo libro: il libro successivo (ammesso che lo scriva).

- Il categorizzatore: il mondo è bello perché è ordinato. Per ogni cosa che dici lui sa dirti a quale categoria ideologico-politica appartieni. Dici così è perché sei progressista / conservatore / cattolico / ateo... Questo tipo social si presenta in forma classica ("sei comunista", "sei di destra", "sei cattolico", "sei ateo"), oppure in forma attuale ("sei tecnoentusiasta", "sei un lgbt", "sei un omofobo"). In entrambe le forme vede la vita come una dispensa ordinata di barattoli etichettati in base alle idee. E non se le gusta quasi mai...

- Il personalizzatore (anche detto lo "zio imbarazzante"): è proprio nel giorno in cui metti sulla tua timeline il link all'articolo di Science che hai scritto in inglese, che compare lui, lo zio / il cugino / l'amico di famiglia poco avvezzo ai social che nel commento rivela: "sono fiero di te, e pensare che ti facevi la cacca addosso quasi ogni giorno da piccolo". Grazie zio/parente, anche a nome dei 380 like al post e le 112 condivisioni che lo hanno diffuso in tutta internet! Il personalizzatore c'è anche in versione aggressiva: "fai sempre così", "tipico tuo scrivere queste cose"... quando commenta un post in questa maniera, ricorda il categorizzatore: non gli importa cosa pensi, deve trovare una ragione per evitare di prender le tue idee per quel che sono.

- L'eteronomico: lo dice la Costituzione, lo dice l'Europa, lo dice la Scienza, lo dice il Catechismo, lo dice... da qualche parte c'è un'autorità sempre pronta per la citazione. La sua versione più aggressiva cita autorità che "dovresti riconoscere" per dimostrarti che hai torto. Ovviamente le sue citazioni sono sempre orgogliosamente fuori contesto. Quello che non riuscirai mai a ottenere da lui è sapere cosa pensa... a parole sue.

- Il plotiniano: tutto si rifà a un unico principio da cui scaturisce il molteplice. Dall'omofobia al gender, dai poteri forti alla massoneria: per il plotiniano tutto si spiega sempre attraverso una motivazione da cui deriva tutto. Inutile che cerchi di complicare le cose, il problema è quello, lascia stare che non si può dimostrare, è così bello e nitido... sarà vero.

- Il distruttore di mondi: potresti scambiarlo per un troll o un hater, ma questi in confronto sono solo dei pivelli occasionali. Il distruttore di mondi sa sempre trovare il modo più efficace per offendere o disprezzare i valori in cui crede qualcuno. Ed è inutile farglielo notare, il distruttore ti accuserà di deriva politically correct che impedisce di dire qual è la verità: quella che a lui piace.

- L'acchiappalike: se muore una star del rock, lui fa il post (anche se non l'ha mai ascoltata); se c'è un terremoto lui twitta con l'hashtag più usato (anche se diffonde notizie infondate sulla magnitudo). Foto di gattini, frasi a effetto, clickbaiting, sensazionalismo a buon mercato. Non c'è tema su cui non abbia qualcosa da dire se dietro c'è un like da acchiappare. Un tempo lo avremmo chiamato qualunquista (a Roma: piacione); oggi invece, avvolto nella sua coltre di engagement, va a finire che lo dobbiamo prendere sul serio: senz'altro ce lo ritroveremo dappertutto in timeline al prossimo trending topic.



- Io e te: questo è il tipo social più insidioso. È quello che ha le caratteristiche di tutti i precedenti ma se ne sente immune. Vede i problemi del web e li attribuisce sempre a un distante "loro". Non si accorge che gli hater, i troll e tutti gli altri possibili tipi primitivi online non sono "l'internet" o "il popolo del web", ma siamo semplicemente noi.