Le opposizioni binarie di cui siamo prigionieri nella comunicazione politica

(per l'intervista integrale vedi Vita.it)

Lei ha scritto su Facebook un post in cui spiega come tutti facciamo un grave errore metodologico quando distinguiamo politica e comunicazione politica… 
Esattamente. Non capiamo che il modo in cui si crea consenso su precise scelte o azioni non può essere slegato dalle scelte che prendiamo. In altre parole in un dibattito il "come" si dicono le cose conta tanto quanto quello che viene detto. Lo stile, la modalità, il tono, l’atteggiamento, ogni sfumatura formale conta tanto quanto la sostanza, cioè l’oggetto del discorso.


Perché secondo lei è così centrale questo aspetto?
Quello che sta succedendo in questa situazione è molto simile a quello che accade quando, in un dibattito tra due individui, una dei contendenti viene messo all’angolo dall’altro che usa polemica e slogan. Sarà difficile, anche se armati di buoni argomenti e ragionamenti, riuscire a sfilarsi da quell’angolo. Il perché è semplice: si tratta di un terreno di scontro che è congeniale e premiante per chi è capace di essere più brutale, diretto, elementare. Tipico di chi usa questo tipo di forzatura dialettica è mettere l’avversario di fronte ad un bivio, ad una scelta tra due possibilità. Ma è un bivio fittizio che risponde esclusivamente alla logica imposta dall’avversario. E finché ci si muove all’interno di questa narrazione non c’è possibilità di vincere

 Sta dicendo che, parafrasando, non c’è possibilità di battere dialetticamente Salvini?
Non entro nel merito. Mi limito a notare che quelli che oggi sostengono Mattarella con post e hashtag, magari anche cercando di costruire un dibattito articolato e utile, senza rendersene conto alimentano il racconto della parte avversa, alimentano lo scontro e avvantaggiano proprio chi cercano di contrastare.

 E come si spiega questo scacco matto? 
Si spiega semplicemente con quello che definisco come un “vantaggio comunicativo”. Ad ogni mossa degli avversari, chi ha creato la narrazione potrà limitarsi a usare quella mossa come dimostrazione della sua tesi. Per stare a questi giorni qualunque cosa dicano oggi gli avversari di Salvini e Di Maio saranno tacciati di essere parte di quel sistema che non vuole il cambiamento. Siamo di fronte ad un’opposizione binaria bloccata nella quale c’è e ci può essere un solo vincitore.

 Non è qualcosa di un po’ troppo sofisticato da imputare a un politico come Matteo Salvini? 
Questo teatro del pro o contro non l’ha inventato né creato Matteo Salvini. Si è creato nei decenni. Nasce con la tv e la personalizzazione politica, con l’esigenza di sconfessare l’avversario. Ci siamo col tempo abituati a prendere posizione pro o contro ancora prima di aver capito il tema di cui si parla. Una reazione che deriva proprio dal tipo di dibattito che si è costruito. Una polarizzazione che è entrata nel nostro modo di percepire la realtà. Oggi Matteo Salvini ne trae vantaggio perché nuota in questo stile comunicativo. Ma domani, se mai Salvini dovesse andare al Governo, qualcun altro userà lo stesso sistema contro di lui.

  Quindi l'unica possibilità è il silenzio?
(Ride) No, quello che posso dire è che accettare di mettersi dalla parte “buona” dell’opposizione binaria in realtà non serve a nulla. Fa il gioco dell’avversario. Io mi limito a fare questa analisi. Posso solo aggiungere che ci vuole un cambiamento di paradigma, una comunicazione che cambi il gioco, scardini la sceneggiatura costruita. Dobbiamo trovare nuove strade per non entrare nel muro contro muro. Qui la sfida è intercettare le percezioni dei cittadini.