La #disputafelice: si può fare! (Prefazione di Vera Gheno)

di Vera Gheno

Sono stata lungamente una malmostosa, soprattutto sui social network. Quando iniziai a stare sui forum di discussione, verso la fine degli anni Novanta, davo grande importanza alla battuta pronta, al sarcasmo, al cinismo. Non che questo comportamento mi desse particolare gioia, ma mi faceva sentire à la page. Era bello punzecchiare, prendere in giro, ridere tutti insieme di qualcuno. Era bello, ma aveva un costo: quello di avere, sotto sotto, il dubbio di non stare facendo la cosa giusta.

Nel frattempo, da quando avevo iniziato a stare online, era cambiato qualcosa: in rete era arrivata la gente. Mentre prima eravamo quattro gatti che si conoscevano tra di loro e si sentivano i pionieri del cyberspazio, adesso internet aveva accolto tra le sue maglie tutti, ma proprio tutti. C’era un nuovo rischio: quello di offendere qualcuno con il sarcasmo o con la battutina a doppio senso, perché via via era diventato sempre più normale incontrare “altri”: con diverse visioni politiche, con altre religioni, con abitudini e tradizioni differenti, con riferimenti culturali a noi sconosciuti.
Mi resi conto che i comportamenti che avevo sempre ritenuto un segno di distinzione non lo erano più (forse non lo erano mai stati). Come discutere con persone dalle idee radicalmente diverse dalle mie? Possibile che perfino io, che mi reputavo una mente priva di paraocchi, ben informata sulle questioni più importanti, fallissi nella comunicazione proprio quando questa era di massima importanza, nell’incontro tra mondi diversi?

Devo ammetterlo: ebbi un momento di smarrimento. È difficile, infatti, imparare come comportarsi quando la nostra bolla rassicurante non c’è più, o forse si è compenetrata con altre bolle che a loro volta erano rassicuranti per chi le abitava…

Poi ho incontrato lei, la disputa felice. O meglio lui, il disputatore felice: Bruno Mastroianni. Paziente per vocazione, capace di spiegare come non perdere le staffe a ogni piè sospinto, imparando a confrontarsi proprio con chi non la pensa come noi, Mastroianni opera un rovesciamento: invece di cercare di convincerci che litigare non è bello, ci mostra quanto possa essere divertente e appagante dissentire senza litigare. Attraverso la descrizione dei nostri peggiori tic comunicativi, a tratti quasi dolorosa per la nuova prospettiva che ci regala, La disputa felice mira a cambiare il nostro atteggiamento nei confronti della divergenza di opinioni, vista non più come un problema insormontabile ma come un’incredibile possibilità di arricchimento. Nel fare questo in maniera semplice e diretta, l’autore riesce a non montare mai su nessuno scranno. Non si ha la sensazione di “venire edotti” dall’ennesimo guru della comunicazione; piuttosto, – e qui si palesa l’anima del filosofo che Mastroianni è per formazione – il lettore viene accompagnato lungo un percorso di conoscenza e consolidamento delle proprie competenze comunicative.

In questo volume si parla di paure, di sovraccarico comunicativo, di hater più o meno consapevoli, di competenze comunicative necessarie per chiunque, non solo per i professionisti; si parla anche di contenuto – che deve convivere armonicamente con la forma – e di aspetti che vanno ben oltre il virtuale come la postura, lo sguardo, il tono della voce, l’importanza del sorriso sia quando si parla sia quando si scrive (perché, dice l’autore, se sorridi mentre scrivi, si percepisce).

Si indugia a lungo sull’importanza del farsi capire, e sulla necessità di usare le parole giuste, che raccontino davvero la realtà: parole icastiche, come amava dire Italo Calvino. Come è calviniana l’idea di dover rileggere, ripensare, rivalutare quanto detto o scritto.

Poi, il libro entra nel vivo: ci mostra come spesso la discussione venga polarizzata su posizioni estreme e si sia spesso, più o meno consciamente, costretti a scegliere uno schieramento, normalizzando l’idea del bivio. Ma a questo punto, Mastroianni procede a disinnescare la conflittualità con suggerimenti estremamente pratici, compresa la necessità di abbandonare la propria zona di sicurezza per avventurarsi nell’ignoto, che poi spesso è molto meno ignoto di quanto si pensi (semplicemente, non lo stavamo osservando da vicino).

Infine, la summa di tutto il lavoro: arrivare a dissentire senza litigare. E, assicura l’autore, SI PUÒ FARE!, come grida il dottor Frederick Frankenstein nel film di culto Frankenstein Junior. A dire il vero, è davvero una soddisfazione arrivare a farlo.

Che nessuno si faccia ingannare dal titolo: in questo libro manca il buonismo. La disputa è felice perché diviene appagante per i disputatori, non perché evita il confronto o “caramella” la realtà. Questo libro è la celebrazione della divergenza vista come valore positivo e non negativo; come unica, vera molla che può farci crescere. Come disputatori, come comunicatori ma anche, semplicemente, come esseri umani.

Per acquistare il libro: https://www.amazon.it/dp/8876676414/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1498116531&sr=8-1&keywords=la+disputa+felice