Espressioni belligeranti: il doping che compromette le nostre discussioni



Le *espressioni belligeranti* sono formulazioni in cui il contrasto, invece che essere affidato alle argomentazioni, si esprime attraverso modalità fallaci.

Anche se apparentemente sembrano “atti secondari” rispetto alla discussione, in realtà investono in pieno la negoziazione delle identità sociali di chi si confronta e, di conseguenza, la relazione che si costruisce o si deteriora.

Usiamo queste espressioni per dissociarci, per esprimere sdegno, per eccepire sulla affidabilità delle opinioni altrui o per dubitare della loro indipendenza e autonomia. Sono combinazioni di parole che usiamo con facilità e spontaneità, spesso senza renderci conto del loro potenziale distruttivo, soprattutto in disputa.

Ci sono fondamentalmente quattro categorie:

1. Dissociazioni sintetiche: dire che si rigettano le idee dell’altro senza argomentare perché.

>Esempi: “Non è vero!”, “Non è come dici tu!”

2. Indignazione: criticare quello che dice l’altro ponendosi in una presunta posizione morale superiore da cui giudicare le sue affermazioni.

>Esempi: “Ti pare che scrivi una cosa del genere!”, “È una vergogna!”, “Si’ più preciso!”

3. Argomentum ad hominem: criticare una caratteristica personale dell’interlocutore invece che contestarlo nel merito del tema.

>Esempio: “Sei il solito ottimista, ecco perché dici questo!”

4. Generalizzazioni: per criticare ciò che dice l’interlocutore ci si riferisce al suo gruppo culturale, professionale, sociale, religioso di appartenenza.

>Esempio: “Voi donne la fate sempre lunga su questo tema”.

Le dissociazioni sintetiche sono usate per dare velocemente il segnale su “da che parte si sta”, un’azione che sui social network e nelle discussioni online di gruppo viene utilizzata per agganciare immediatamente il consenso della propria squadra.

L’indignazione ha da una parte la stessa funzione “posizionante” delle dissociazioni, ma aggiunge a essa anche un certo scopo di discredito: dico da che parte sto, dichiarando che la tua è quella (moralmente) sbagliata. Faccio appello a una morale comune che condivido “con i miei” e la scaglio contro le tue parole.

L’ad hominem e le generalizzazioni hanno un evidente scopo di discredito: nel primo caso mettono in campo i limiti personali come elemento per mostrare l’inadeguatezza dell’interlocutore; nel secondo creano un “voi” generalizzato e fragile, opposto a un “noi” capace di scorgere con lucidità la questione.

Di solito queste modalità espressive rivelano la presenza di scopi di posizionamento. Ignorare in modo selettivo queste parti espressive, può essere la strada per carpire in modo veloce e semplice se, tolte quelle, rimangono argomenti o scopi degni di essere presi in considerazione. Se non ce ne saranno, sarà il momento di lasciar cadere del tutto la conversazione, se invece ne rimarrà almeno uno, replicare a quello ignorando il resto darà la possibilità di proseguire nella discussione.

Quando ci viene da usare espressioni belligeranti è il segnale che la nostra argomentazione è debole e ha bisogno di un piccolo doping. In ogni caso, sforzarsi di esprimere il dissenso rinunciano a espressioni di questo tipo aiuta a puntare di più sulle ragioni, sulle cause e sulle prove, affilando l’efficacia il proprio dissenso e aumentando le possibilità di farsi ascoltare e capire.

#disputafelice #litigandosimpara