Usare "il debole" come arma - l'argomento del caso estremo nelle discussioni


(tratto da Bruno Mastroianni, SenzaFiltro, Manipolati dal caso estremo, 11/9/2019)

Il caso estremo ha la funzione di iniettare in modo artificiale vigore in un ragionamento. È una specie di doping argomentativo. Funziona così bene perché si basa su una delle forze persuasive più potenti: ragionare per esempi e per storie concrete, un modo di comunicare che intercetta la nostra naturale tendenza a prestare attenzione e a farci coinvolgere da ciò che ci appare vicino e a portata di mano.

Una leva fondamentale che usa il caso estremo è quella che potremmo chiamare "lo stare dalla parte dell’ultimo". In una discussione in cui ci sia un conflitto, una pratica costruttiva è quella di cercare l’ultimo e mettersi dalla sua parte. Questa mossa, se fatta in modo trasparente, vincola chi sostiene qualcosa a mettere alla prova le sue argomentazioni vestendo i panni del più debole degli interlocutori coinvolti. Se le sue idee mostrano di favorire chi è nella posizione più svantaggiata di solito acquisiscono forza agli occhi di chi ascolta.

Nell’argomento del caso estremo, invece, si manipola questa leva perché l’ultimo viene assolutizzato e trasformato in strumento da usare contro la posizione dell’avversario. Il più debole viene sfruttato come in quelle tecniche di guerra scellerate in cui si mandano i bambini e le donne avanti per mettere in difficoltà i nemici. Facciamo un esempio:

“La donna è stata stuprata da un migrante senza permesso di soggiorno, è ora di finirla, dobbiamo chiudere i porti!”. La vittima qui viene messa in campo e utilizzata con lo scopo di andare contro una categoria (i migranti) e una posizione (quella di chi sostiene l’accoglienza) rafforzando la propria opinione (chiusura dei porti). La condizione del più debole nella relazione (chi ha subìto una violenza) viene usata come arma da scagliare contro un preciso bersaglio.

Attenzione, perché il caso estremo funziona anche nell’opinione opposta:

“Dei coetanei lo hanno aggredito al grido di ‘sporco negro’, questo è il razzismo che sta diffondendo chi vuole chiudere i porti!”. Di nuovo il meccanismo di usare il debole (il ragazzo aggredito) non tanto per affrontare il suo problema, ma per lanciarlo come un sasso contro gli avversari (quelli che si oppongono all’accoglienza).

La manipolazione, insomma, si può smascherare proprio in questo uso dell’ultimo come arma di attacco. Un uso trasparente di esempi e storie significative porterebbe l’ultimo al centro dell’attenzione di per sé, per aumentare la consapevolezza sul suo problema.

Nel caso estremo invece lo si utilizza per creare un contrasto con un’altra posizione. Insomma se la ricerca dell’ultimo rimane su di lui per migliorare la comprensione della sua condizione, non ci sarà manipolazione; se l’ultimo invece  è scagliato contro qualcuno o qualcosa, siamo di fronte all’uso opaco del caso estremo.

Sono altre due le leve utilizzate dal caso estremo: la prossimità della minaccia e la riduzione della questione. Per scoprirle leggi l'articolo integrale.