Il web si vede bene solo da vicino - ovvero diffidare delle analisi a distanza

di Bruno Mastroianni


I social ormai sono croce e delizia di tutti noi: chi li odia, chi li ama, chi li ama per diffondere le sue invettive contro i social stessi, chi li odia ma scrive cose così fondate da contribuire al loro sviluppo. C’è di tutto. È proprio questo, a mio avviso, il bello.

Trovo meno bello invece quando le invettive o i sospetti sui social partono da chi i social non li frequenta e li prende sottogamba, come fossero una “diavoleria” di poco conto.

Rientrano in questa schiera:

- I grandi pensatori che scrivono interi libri ma poi sui social non li trovi neanche a pagarli. Dove hanno “rubato” le informazioni? Vanno a caso? Hanno fatto copia e incolla da internet? Scopiazzano dai testi di chi sta su Fb e Tw tutto il giorno a faticare? Parlano per sentito dire (magari dal nipote nerd)? Poi non c'è da meravigliarsi se le loro tirate oscillano tra il trattare questi "nuovi strumenti" con sufficienza o demonizzarli: in entrambi i casi si perdono la vera natura dei social come luoghi di relazioni digitali tra persone e contenuti. Come facciano a dire qualcosa di queste relazioni senza osservarle sul campo è da capire...

- La persona che a ogni conferenza alla fine si alza e dice: "comunque è meglio spegnere ‘sti cosi”. Già altrove ho sostenuto che esiste una vera e propria organizzazione di “web-scettici” radicatissima nel territorio: si infiltrano a ogni convegno sul digitale per mandare tutto a monte proprio alla fine, dopo la tua lunga e preparatissima relazione con dati, slide e ragionamenti impegnativi.

- Gli allarmisti che gettano nel panico intere moltitudini gridando che "Facebook ti ruba i dati” (sei tu a digitare ogni singola info, mai nessuno ti ha obbligato) o che “ti scambia i like degli amici per confonderti” (sui social viviamo di like - alcuni letteralmente - pensi che faremmo passare liscia una cosa simile?) oppure “Facebook ti dice le notizie false” (in realtà è in tuo potere cercare almeno una conferma prima di mettere like all’ultimo titolo di pancia).

- Gli “io vivo benissimo senza il Web”. Di solito te lo dicono su WhatsApp mentre con il navigatore stanno cercando di raggiungere la sede della filiale della loro banca dove non erano mai stati perché finora facevano tutto online ma oggi purtroppo non c’è connessione. Amico: ci sei dentro fino al collo.

- Infine la mia categoria preferita: quelli del “prima era meglio”. Era meglio il telefono rispetto a WhatsApp, erano meglio i giornali rispetto Google, erano meglio i parchi giochi che i social network. A loro mi piacerebbe far conoscere i "colleghi" delle svolte tecnologiche precedenti: era meglio la radio della TV, era meglio conversare dal vivo che per telefono, era meglio la campagna che la città. Chissà se andando a ritroso si arriverebbe a dire che alla fine era meglio quando vagavamo al buio, nudi e infreddoliti, scappando da ogni predatore e nutrendoci di vermi…

Il fatto è che per nessuno è stato facile ritrovarsi in pochi anni in questo ibrido tra l’epoca della comunicazione filtrata da alcuni (quella dei mass media) e l’epoca della conversazione generalizzata aperta a tutti. Fa paura. C’è di mezzo la libertà, la capacità di confrontarsi, l’umiltà di riconoscere che le posizioni di rendita non servono più (professori, presidenti, onorevoli, ne fanno esperienza quotidiana).

Non serve nemmeno dare la colpa a qualcuno: l’algoritmo! Zuckeberg! Il popolo del Web! La realtà è che ci siamo tu ed io in conversazione con altri, in modo facile e immediato, in mezzo a una moltitudine enorme di contenuti. Certo, si può fingere, manipolare e anche approfittarsene. Si possono confondere le idee, si può disinformare, fare soldi o acquisire potere sulla pelle degli altri. Oppure si può fare altro e costruire. Il punto infatti è che, mai come prima, grazie ai social abbiamo la grande e faticosissima opportunità di imparare un po’ meglio a usare della nostra libertà al momento di comunicare e informarci.

È un peccato giudicare frettolosamente questa grande palestra di relazioni umane tenendosi a distanza.